domenica 25 febbraio 2007

Chi ha le mani in pasta

Ha un'azienda multinazionale che produce pasta fresca come Giovanni Rana.
Chi è?

E' diventato il re dei tortellini proprio come Giovanni Rana.
Chi è?

Va a casa degli italiani a portare i propri prodotti sempre come Giovanni Rana.
Chi è?

E' Giovanni Rana.

Essere in presenza di sua maestà, il re del ripieno, non è assolutamente una cosa da tutti i giorni. Eppure posso dire di averlo visto, di averlo sentito, di averlo assaggiato. No, beh, questo no. Diciamo metaforicamente...

Fatto sta che il nonno Giò (ormai è uno di famiglia) ci ha raccontato della sua storia, delle sue fatiche, di tutte quelle piccole-grandi intuizioni che lo hanno portato dal mattarello alla multinazionale. Respect for Giovanni.

Lo sapevate che se tutti noi possiamo comprare i tortellini alla Conad sotto casa e non doverli consumare nell'arco di mezza giornata è anche grazie al signor Rana? Già, perchè il Leonardo Da Vinci degli gnocchi ripieni ha realizzato una piccola magia a base di anidride carbonica ed azoto capace di conservare la pasta fresca nelle confezioni di plastica per circa un mesetto. Anche Giuliano Ferrara ringrazia.

Inchinandoci davanti a cotanto genio, preghiamo insieme e diciamo: "Emilia, pace!".


sabato 17 febbraio 2007

Prima di partire per un lungo viaggio

Fare la valigia per un qualsiasi viaggio è senza dubbio una delle esperienze più traumatizzanti del nostro secolo. La vita cambia e le nostre abitudini si evolvono con essa: sarà per questo che, nell’era del “tutto a portata di mano”, scegliere lo stretto indispensabile da portare con sé sembra ogni giorno più difficile. Ma non disperate: Marvellouse vuole darvi un grande aiuto, fornendovi l’elenco di tutto ciò che non deve assolutamente mancare nel vostro bagaglio. Pena: una vacanza rovinata.

Carica batterie vari ed eventuali: la tecnologia ha preso il sopravvento. Che siate sdraiati sotto una palma alle Hawaii o che stiate passeggiando sul lungomare di Varazze, i vostri amici digitali (cellulare, lettore mp3, consolle portatile & Co.) non possono abbandonarvi. Dunque, per evitare di vederli lentamente morire per poi non accendersi più per tutto il resto della villeggiatura, ricordatevi i vari carica batteria. Senza attorcigliare i fili, mi raccomando.

Rasoio: per non cadere nello stile trasandato. Lo si dimentica sempre, e regolarmente si deve ricorrere a qualche usa e getta economico a mezza lama che lascia la barba e taglia direttamente la pelle. Un problema solo maschile? Niente affatto. Anche le signorine devono tenere a bada la ricrescita pilifera, solo che le zone a rischio diventano le gambe invece del volto. O almeno si spera.

Phon: possibilmente non quello da viaggio. I micro-asciugacapelli tascabili servono a poco: il capello non lo asciugano, lo bruciano direttamente. Meglio quello tradizionale, forse un po’ più ingombrante, ma almeno rispettoso della dignità cutanea di ognuno. Certo, ormai molti hotel hanno il phon direttamente in camera. Ma quanto scommettete che tra le 100 camere del vostro albergo, l’unica con l’asciugacapelli non funzionante sarà la vostra?


venerdì 2 febbraio 2007

Tre volte Paris

E' diventata famosa perchè... vabbeh, è diventata famosa punto e basta. Nonostante il fisico più che normale, la faccia un po' da padella ed i capelli color Donatella Rettore, la nostra Paris Hilton è diventata in pochi anni una vera e propria star del dolce far niente. In tre semplici mosse.

1- Fase "Non sono soltanto una figlia di papà, guardate che ho tante doti artistiche". Prima si butta nel cinema: esce un osceno film chiamato "La maschera di cera" che tutti quanti iniziano a chiamare "il film di Paris Hilton". Lei muore dopo aver fatto la troia per 5 minuti. Il resto del film non se lo ricorda nessuno. E dal cinema alla musica il passo è breve. Esce un album pop confezionato a dovere con il singolo "Stars are blind" che impazza tutta l'estate, sfruttando lo stesso meccanismo di Buona Domenica: è talmente brutto che non posso non sentirlo.

2- Fase "Sono veramente porca e sexy. E ve lo dimostro così". La nostra Paris gira un film porno amatoriale con un suo ex ragazzo. Il filmato esce con un nome degno di premio Oscar, "One night IN Paris", richiamando un concerto fatto da Laura Pausini, ma sottolineando con decisione la preposizione IN. Un cult. Chiunque l'abbia visto non avrà potuto fare a meno di notare come si senta a suo agio in questo ruolo. E al posto del microfono...

3- Fase "Meglio cambiare, no?!". Consacrata in Italia grazie a questi spot di un noto gestore telefonico (non si può dire il nome, altrimenti ci arrivano 3, e dico 3, multe per pubblicità occulta), la Paris diventa "quella che ha 25 telefonini e ogni giorno si mette a cambiare scheda e tutto per essere più in coordinato". So stylish. Disperati per la sua scarsa attitudine verso la lingua italiana, gli autori dello spot oscillano tra la versione originale (incomprensibile) e quella doppiata. Per poi arrivare agli ultimi spot in cui proprio non la si fa parlare. Saggia scelta, senza dubbio.

giovedì 1 febbraio 2007

Dreamgirls, tributo alle paillettes

Piccola premessa: questa è una recensione personale, molto più istintiva che tecnica. Se desiderate un'analisi tecnica della pellicola, vi consiglio di visitare il blog di Kynetoscope, curato da Davide (lo trovate tra i link). Appena il giovane critico cinematografico Nuzzi avrà visionato il film, avrete tutti i dettagli su scene, costumi, inquadrature, interpretazioni e rimandi. Io non so come faccia, ma ci azzecca sempre. O quasi.

Bene, iniziamo dunque a parlare di "Dreamgirls", prodotto ultra-pubblicizzato che però sembra aver riscosso molto più successo negli Stati Uniti che non qui in Italia. Ed il motivo è presto detto: la cultura che viene presentata, quella fatta di soul, di RnB, fino ad approdare alla disco, rimane comunque piuttosto elitaria qui da noi, mentre evidentemente risulta più conosciuta ed apprezzata oltreoceano.

Detto questo, il film è carino. Non un capolavoro, ma nel complesso è godibile. A dire il vero, un Golden Globe come migliore commedia ed 8 nominations agli Oscar mi sembrano un tantino eccessivi. Però, ripeto, non se può parlare del tutto male.
Gli attori centrano in pieno i loro personaggi. Jamie Foxx è bravissimo a fare la parte dello stronzo, Eddie Murphy riesce a farmi sorridere dopo tanto tempo in cui mi faceva soltanto sbadigliare e tutta l'orchestrina funziona a meraviglia. Beyoncé Knowles, splendida donna, aggiunge al curriculum di attrice una performance importante, facendo sul grande schermo quello che le riesce meglio: cantare. Jennifer Hudson, poi, è grandiosa: un debutto più che azzeccato, il suo. E che voce, mamma mia: non è facile superare in potenza ed intensità la più che stimata Beyoncé, ma la Hudson sembra farcela (come da copione) in maniera naturale ed inequivocabile. Brava, un'interpretazione da brividi lungo la schiena.

Ma chi di musical ferisce, di musical perisce: il ritmo viene talvolta spezzato ed appesantito dalle continue canzoni, a volte decisamente più lunghe del necessario. Un errore facile da commettere, quando si hanno a disposizione tutti quei talenti canori in una volta sola. E che, purtroppo, viene prevedibilmente commesso.
Il finale agro-dolce non sconvolge e riprende una vena un tantino buonista, fatta di lealtà ed amicizia, che però non stona affatto. Un film fatto su misura per gli amanti del soul e della sua cultura.

L'ultima menzione, però, va al contorno della pellicola: splendidi sono i costumi e ben curate sono le scenografie. Gli occhi, in tal modo, escono dalla sala decisamente appagati. Le orecchie pure, ma forse fin troppo.